Daniele Pugliese, anch’egli torinese, giornalista de “l’Unità” per 22 anni poi direttore dell’Agenzia di informazione Toscana Notizie e scrittore «ad ora incerta», ha ripercorso la vita, i libri, gli scritti, le testimonianze, il pensiero di chi – chiedendosi Se questo è un uomo, e ponendo a tutti questo interrogativo rispetto all’orrore di Auschwitz e ai piccoli o grandi orrori quotidiani – ha rivelato di essere un uomo: sì, questo, Primo Levi, è un uomo. Un uomo e un chimico, un curioso e un testimone, un filosofo e un centauro, un poeta e uno psicagogo, ma soprattutto uno scrittore, uno scrittore di razza, con il mestiere nel sangue. Non a caso è fra i pochissimi italiani tradotti in più di 40 lingue e, interamente, in inglese (eccezion fatta per La ricerca delle radici).
In dodici condensati capitoli Questo è un uomo non solo testimonia il valore del pensiero e della narrativa del prigioniero 174517 nel Lager di Auschiwitz, ma anche il debito personale dell’autore nei confronti di un maestro: a partire da Sempre più verso Occidente, pubblicato nel 2009, che da un racconto di Levi e da una corrispondenza privata tra i due prende le mosse.
Un gioco di specchi, o un castello di destini incrociati, di «sliding doors» che si aprono e si chiudono per poi riaprirsi, nel quale le emozioni e le sofferenze dell’uno si proiettano in quelle dell’altro, ma con la lucidità di rammentare che siamo, dobbiamo cercare di essere, dobbiamo accettare di essere «più cose ad un tempo»: insomma dei centauri.
Conclude il volume un breve, ma altrettanto appassionato, ricordo di Andrea Liberatori, a lungo caporedattore de “l’Unità” di Torino, uno degli ultimi giornalisti che hanno intervistato Primo Levi ed a cui è toccato di scrivere da cronista quel giorno in cui si tolse la vita.
In dodici condensati capitoli Questo è un uomo non solo testimonia il valore del pensiero e della narrativa del prigioniero 174517 nel Lager di Auschiwitz, ma anche il debito personale dell’autore nei confronti di un maestro: a partire da Sempre più verso Occidente, pubblicato nel 2009, che da un racconto di Levi e da una corrispondenza privata tra i due prende le mosse.
Un gioco di specchi, o un castello di destini incrociati, di «sliding doors» che si aprono e si chiudono per poi riaprirsi, nel quale le emozioni e le sofferenze dell’uno si proiettano in quelle dell’altro, ma con la lucidità di rammentare che siamo, dobbiamo cercare di essere, dobbiamo accettare di essere «più cose ad un tempo»: insomma dei centauri.
Conclude il volume un breve, ma altrettanto appassionato, ricordo di Andrea Liberatori, a lungo caporedattore de “l’Unità” di Torino, uno degli ultimi giornalisti che hanno intervistato Primo Levi ed a cui è toccato di scrivere da cronista quel giorno in cui si tolse la vita.
