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3 agosto 2011 > Venezia: commemorazione dei 7 martiri

Domani dalle ore 18.15 sarà ricordata la ricorrenza dell’eccidio dei Sette Martiri avvenuto il 3 agosto 1944 per mano nazista. Il corteo partirà alle ore 18.15 dalla sede dell’Anpi di via Garibaldi per percorrere via e viale Garibaldi ed arrivare al monumento alla Partigiana veneta di Murer, dove verrà deposta una corona d’alloro. Il corteo riprenderà per Riva sette Martiri e si concluderà sotto la lapide con gli interventi ufficiali; alle ore 20.00 proiezione dell’intervista di Paolini a Rigoni-Stern e del filmato “Resistenza a Venezia” (durata un’ora ca.).
Quest’anno ricorre anche il 50° dal vile attentato (28 luglio 1961) che distrusse il monumento alla partigiana dello scultore Leoncillo collocato nei Giardini di Castello.
 
«Si fece festa grande, con abbondanti bevute, la notte sul 2 agosto 1944, sulle navi della Marina germanica attraccate alla Riva dell’Impero. Ma quando ci si accorse della sparizione di una sentinella di motovedetta, il Comando germanico non esitò a decidere la rappresaglia, che si abbatté su sette detenuti politici a Santa Maria Maggiore.
Essi erano: Aliprando Armellini, 24 anni, di Vercelli, partigiano combattente; Gino Conti, 46 anni, animatore della Resistenza nel Cavarzerano; Bruno De Gasperi, 20 anni, di Trento; i fratelli Alfredo Gelmi, 20 anni, e Luciano Gelmi, 19 anni, di Trento (i tre giovani trentini erano renitenti alla leva di Salò); Girolamo Guasto, 25 anni, di Agrigento; Alfredo Vivian, 36 anni, veneziano, operaio alla Breda, comandante militare partigiano nella zona del Piave, l’unico dei sette già condannato a morte per l’uccisione di un marinaio tedesco a Piazzale Roma il 13 dicembre 1943, e l’unico a essere indicato dal Comando tedesco, mentre gli altri sei furono segnalati dalla Questura e dal Comando della Guardia nazionale repubblicana.
L’esecuzione volle essere anche una plateale "lezione" per gli abitanti di Via Garibaldi, da sempre zona antifascista. All’alba del 3 agosto pattuglie tedesche perquisirono le case, rastrellando oltre 500 persone – uomini e donne – che furono allineate lungo la Via, mani in alto e faccia al muro, e così rimasero per due ore, prima di essere costrette ad assistere alla fucilazione, dopo la quale 136 uomini furono condotti in carcere come ostaggi. Alle sei del mattino, i Sette Martiri, come subito li chiamò la voce di popolo, furono disposti in fila, legati tra loro con le braccia distese, schiena alla laguna, tra due pali eretti sulla Riva. Un ufficiale tedesco lesse ad alta voce la sentenza e ordinò il fuoco al plotone di 24 soldati, davanti alla folla atterrita. Il cappellano del carcere, don Marcello Dell’Andrea, che aveva accompagnato in motoscafo i condannati, confessandoli e comunicandoli (soltanto Vivian si disse "non professante"), tenne alto il Crocefisso; un attimo prima della scarica dei fucili, Vivian gridò "Viva l’Italia libera" e un altro condannato implorò "Vendicateci". Con scope e secchi d’acqua, alcuni bambini furono costretti dai tedeschi a ripulire la Riva dalle chiazze di sangue.
Pochi giorni dopo, le acque della laguna restituirono il corpo della sentinella tedesca. Non aveva ferite: il marinaio era caduto in acqua ubriaco ed era annegato. Era stata rappresaglia di guerra, e a conflitto concluso non ci fu processo. Soltanto tre giovani donne, alla cui delazione si doveva la cattura di tre dei Martiri furono condannate nel 1947 a otto anni di carcere, pena meramente simbolica per la sopravvenuta amnistia, che rese vano anche il processo contro il brigatista nero che aveva arrestato Conti.»
Leopoldo Pietragnoli
 
Breve storia dei due monumenti alla Partigiana
 
Nel 1953 l’Istituto per la Storia della Resistenza delle Tre Venezie, presieduto dal prof. Egidio Meneghetti, pensò di dedicare un monumento alle donne Partigiane in occasione del decennale della244.jpg Liberazione. Si scelsero i Giardini di Castello come luogo e l’opera dello scultore Leoncillo, staffetta Partigiana, convinse l’apposita commissione. Si trattava di un’opera singolare, fuori dalla consuetudine dei monumenti dell’epoca una Partigiana combattente in ceramica policroma, che ben risaltava nel verde dei giardini. Tuttavia un particolare sollevò proteste. Il fazzoletto rosso al collo che troppo si identificava con una parte delle formazioni partigiane. Fu quindi invitato Leoncillo a fare un’altra versione, stavolta con un fazzoletto arancione, mentre la prima venne esposta a Ca’ Pesaro, dive tutt’oggi si trova. Col senno di poi, purtroppo, fu una fortuna, perché all’alba del 28 luglio del 1961 un boato svegliò il popoloso e antifascista quartiere di Castello est. Un chilo e mezzo di tritolo neofascista mandò in frantumi la Partigiana. Grande indignazione sollevò in tutto il Paese e immediata fu la reazione della Città. La Giunta e il Sindaco Favaretto Fisca fecero affiggere sui muri della Città il seguente comunicato:
Questa notte mano criminale ha distrutto il monumento alla partigiana posto ai giardini pubblici a perenne memoria delle donne che combatterono fino al supremo sacrificio nell’epica lotta contro il nazi-fascismo. Venezia, che nella resistenza alla dittatura e all’invasore rifulse di gloria, leva il suo grido di esecrazione per l’offesa recata ai valori di libertà e di giustizia sui quali si fonda la nostra Repubblica. Cittadini, il monumento alla partigiana verrà immediatamente ricostruito, perché continui a tramandare il ricordo della resistenza alle future generazioni.
Ci vollero otto anni perché fosse ricostruito, ma si decise di non farlo dov’era e com’era. Il 25 aprile del 1969, alla presenza della medaglia d’oro Carla Capponi e del Vicepresidente del Consiglio Francesco De Martino, mobilitata tutta l’Anpi del nord d’Italia, venne inaugurato il monumento di Augusto Murer su basamento di Carlo Scarpa. Una partigiana morente, ideale continuità con quella combattente di Leoncillo, lontana da quelle donne che l’iconografia classica voleva come semplici comprimarie nella lotta di Liberazione. Grazie soprattutto al lavoro degli storici e degli Istituti per la storia della Resistenza, si saprà invece quanto generoso e fondamentale fu il ruolo delle donne nella Resistenza. Oggi, a testimonianza della ferocia neofascista, è possibile vedere ciò che resta della Partigiana di Leoncillo: il basamento deturpato di Carlo Scarpa.

 

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