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Cannaregio 1943-1945

Venezia, nata e cresciuta tra l’epoca medievale e moderna, custodisce a tutt’oggi un particolare assetto urbano, che si ripercuote anche nella socialità presente nelle varie zone della città.
Se è vero infatti che nella città lusso e povertà, palazzi e case popolari hanno sempre convissuto a stretto contatto quasi ovunque, è corretto affermare che alcuni “sestieri” (così vengono chiamati i sei quartieri in cui è divisa la città lagunare) hanno affermato nel corso dei secoli una forte presenza popolare e proletaria. Va da sé che, a partire dalla fine del XIX° secolo, con l’ affermarsi dei movimenti operai e politici di massa alcuni sestieri, come Castello, Cannaregio o la zona di S. Margherita hanno visto svilupparsi una forte presenza socialista e comunista, destinata a perpetuarsi fino ai nostri giorni.
Cannaregio si trova in una situazione particolare: rivolto a nord sul versante della laguna verso la terraferma, il grande quartiere si estende dalla stazione ferroviaria fino a S. Giovanni e Paolo, mentre il Canal Grande costituisce il confine a sud. Diverse opere di intervento urbano, realizzate tra Otto e Novecento caratterizzarono la geografia del quartiere, che di fatto diventò la porta di accesso della città per la terraferma.
Questa caratteristica, unita alla presenza di altri luoghi significativi al suo internoMonumento deportazione e sterminio degli ebrei veneziani (come il Ghetto Ebraico) fecero sì che nel corso della lotta di Liberazione Cannaregio rivestisse un ruolo da protagonista. Tra le sue fondamente, campi e canali furono scatenate rappresaglie fasciste, combattute azioni partigiane e tanti atti di coraggio, grandi e piccoli, che ebbero un ruolo determinante per lo svolgimento della Resistenza veneziana.
Convitto Nazionale Marco FoscariniSe un visitatore volesse ripercorrere in un itinerario i luoghi della lotta antifascista a Cannaregio durante l’occupazione nazifascista, avrebbe la possibilità di seguire diversi filoni, dove le storie dei singoli sono unite in un filo rosso che riconduce ad una serie di eventi collettivi ancora ben presenti nella memoria cittadina. Le “pietre d’inciampo” ricordano le abitazioni di donne e uomini trascinati fuori dalle loro case per motivi razziali e politici, mentre sei lapidi ricordano le vittime della rappresaglia effettuata dai fascisti nel luglio 1944. Si tratta di una dimostrazione locale, ma decisamente concreta e reale, della metafora del XX° secolo, il secolo delle masse, dove i rivolgimenti politici, militari e sociali investono tutta la società civile, vera protagonista (a volte suo malgrado) degli eventi.
Vi sono alcuni luoghi poi, che ricordano al loro interno gesti e sacrifici di singoli individui, così come la lotta di un contesto sociale più ampio. È il caso del Ghetto, con i suoi monumenti, le sue lapidi poste quasi ovunque a ricordare la sofferenza di un popolo, così come la tenace volontà di non dimenticare le vittime veneziane della Shoah. La stazione ferroviaria di STarga commemorativa, Stazione FF.SS. S. Lucia. Lucia poi ci ricorda il carattere fortemente coeso dei ferrovieri, vera aristocrazia operaia dell’epoca, e con uno spirito antifascista fortemente legato a tutti i livelli, dal “semplice” ferroviere fino ai dirigenti più prestigiosi: molti di loro pagarono la loro impegno di patrioti e partigiani con la vita.
Camminare lungo le calli ed i campi di Cannaregio, alla ricerca di lapidi, pietre o monumenti non rappresenta soltanto una forma di “turismo consapevole”, ma ci permette anche di constatare quanto Venezia sia stata in grado di mantenere un ruolo attivo e partecipe nelle vicende dell’Italia postunitaria e contemporanea, basta solo saper guardare nel posto giusto.
 
Giulio Bobbo
 
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